I CAMPI DEGLI ALLEATI

©️ AWM 061130
Campo per prigionieri di guerra, a Murchison, Victoria (Australia)

In seguito alla cattura alcune centinaia di migliaia di soldati italiani vengono distribuiti nei campi di prigionia alleati. Luoghi di detenzione sono presenti in quasi tutti i continenti e localizzati nei luoghi più disparati del globo o direttamente entro i confini degli stati – ad esempio USA, Australia, Gran Bretagna o Russia – e nei possedimenti esteri di alcune potenze alleate, con particolare riferimento alle realtà inglesi – i paesi del Commonwealth – o francesi, in Nord Africa. Si tratta di una vera e propria costellazione di campi: dalle Hawaii alla Tunisia, dal Nord America all’India, dallo Zimbabwe all’Australia, dalla piccola isola di Malta all’immensità della Russia. I prigionieri di guerra, i POWs “Prisoners of War” – il cui numero cresce in misura esponenziale in seguito alle sconfitte italo-tedesche in terra africana – popolano dunque i campi amministrati dagli americani, dagli inglesi, dai francesi e dai loro alleati e grande è la differenza di trattamento che caratterizza il modo in cui le potenze alleate trattano i prigionieri: differenza che sarà all’origine di prigionie più o meno sopportabili a seconda del caso.
Negli Stati Uniti sono presenti campi di prigionia in almeno 34 stati e le località in cui si trovano strutture adibite a tale scopo sono ben oltre le 60; sul suolo americano si troveranno ad essere detenuti circa 50.000 militari italiani.

leggi di più

Molti sono invece i campi e i prigionieri che contraddistinguono la realtà della Gran Bretagna, in relazione alla sua superficie. Nei primi mesi del 1945 i soldati italiani in prigionia nel Regno Unito sono tra i 155.000 ed i 158.000 e risultano distribuiti in 83 differenti località che si trovano agli estremi del paese, come ad esempio il campo nei pressi del villaggio di ST. Columb Major in Cornovaglia e Scapa Flow, baia dell’arcipelago delle Orcadi, in Scozia.
All’esterno dei confini nazionali che caratterizzano la realtà dei campi di prigionia anglo-americani, sono centinaia i luoghi di detenzione entro i quali si trovano reclusi i prigionieri italiani. Si stima ad esempio in tal senso che i militari italiani nei campi controllati dai francesi in Nord Africa – Algeria, Marocco e Tunisia – siano stati oltre 37.000.

Circa 104.000 erano invece i POWs italiani sparsi tra India, Kenia, Uganda, Tanganyika, Somalia e Sud Africa, mentre 60.000 si trovavano nei campi del Medio Oriente, circa 15.000 nella lontana Australia.

Un capitolo a parte meriterebbero gli italiani in forze all’ARMIR caduti nelle mani dei russi, stimati in modo molto approssimativo intorno alle 60.000 unità.

Un grande numero di campi significava un altrettanto grande numero di situazioni differenti per i prigionieri che in essi erano detenuti. Se ciò che faceva primariamente la differenza era la potenza a cui era affidata la gestione del luogo di prigionia, era anche da considerarsi l’estrema diversità dell’ubicazione geografica dei campi, la quale poteva tradursi in climi temperati o estremi e dunque più o meno sopportabili. Per quanto riguarda la natura del campo, la sua struttura, le sue delimitazioni, i suoi servizi e quindi in definitiva la sua vivibilità, abbiamo le situazioni più disparate che vanno da luoghi e strutture varie di vecchia costruzione, già adibite a scopi detentivi o comunque adattate a tali fini, a realtà invece costruite in fretta e furia per contenere i prigionieri senza troppi riguardi per le loro condizioni, semplici distese di terra costellate di tende da campo circondate da recinzioni ornate da filo spinato. Il celebre campo di Hereford, in Texas, entro il quale i primi militari italiani arrivarono nell’aprile del 1943, ad esempio, era un luogo costruito “ad hoc” nel 1942:

Circondato nella sua interezza da due recinti, di cui quello interno percorso da corrente elettrica, con una sorta di terra di nessuno tra i due […] un edificio comune conteneva i servizi igienici. […] Mentre i primi tre [settori] erano composti da baracche, il quarto aveva degli alloggi più somiglianti a piccoli appartamenti. I tenenti alloggiavano in quattro per abitazione, i capitani in due, mentre l’unico maggiore presente aveva un appartamento tutto per sé. (Conti, 1986, pp. 214-215)

I campi di prigionia anglosassoni sono, salvo rari casi, provvisti dei servizi essenziali – in UK ad esempio le baracche dei prigionieri sono dotate di riscaldamento e non manca l’acqua corrente – mentre in altre realtà ciò non è lontanamente pensabile. La natura dei campi amministrati dai “gollisti” in Nord Africa appare ad esempio sensibilmente diversa; ed a questo proposito è significativa la descrizione che un cappellano militare prigioniero in Africa, Don Aurelio Frezza, offre riguardo a uno dei tanti campi in cui si trova a transitare:

Djelfa è alle porte del Sahara e, in luglio-agosto, si può dire che sia alle porte dell’inferno, se non l’inferno stesso. Di là, il paesetto raccolto sotto le palme che diffondono un senso di frescura […] Di qua, a ridosso di una brulla gobba pietrosa del terreno, la solita alta siepe di filo spinato: non un albero, non un ciuffo d’erba, non uno zampillo d’acqua; solo baracche, costruite o in costruzione […] All’entrata del campo piantateci un uomo dalla corporatura robusta, dai tratti fortemente autoritari garantiti da un grosso cane lupo al guinzaglio e da un vistoso nerbo di bue che staffila l’aria, e avrete il campo dei prigionieri di Djelfa. (Giannasi, 2019, pp. 88-89)

Abbiamo dunque luoghi estremamente differenti tra le varie realtà che si trovarono a vivere i prigionieri italiani e in definitiva solo il caso – la sorte secondo alcuni – decretavano una prigionia più o meno sopportabile nei campi alleati, una prigionia cioè dalla quale sarebbe stato possibile ritornare oppure no.

Testo a cura di Luca Zanotta

FONTI

Fonti d’archivio

Bibliografia

F. Conti, I prigionieri di guerra italiani: 1940-1945, Bologna, Il Mulino, 1986

A. Giannasi, I militari italiani nei campi di prigionia francesi: Nord Africa 1943-1946, Lucca, Tralerighe, 2019

I. Insolvibile, Wops. I prigionieri di guerra italiani in Gran Bretagna (1941-1946), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012

Istituto storico della Resistenza in Cuneo e Provincia, Gli italiani sul Fronte Russo,  Bari, De Donato, 1982

Sitografia

Prigionieri nei campi alleati, articolo pubblicato sul sito  prigionieri.parmaintempodiguerra.it consultato il 26/6/2024

Loading...